Inverni gelidi. Il paradosso futuro del clima europeo (2025)

Secondo uno studio recente, a causa del collasso del sistema di correnti che regola la circolazione di acqua calda e fredda nell’Atlantico, il futuro del continente potrebbe essere quello di avere inverni freddissimi. È uno dei paradossi del cambiamento climatico

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Secondo uno studio pubblicato su Geophysical Research Letters, il destino climatico a medio-lungo termine dell’Europa potrebbe essere «avere molto freddo in un mondo che si surriscalda», con temperature che d’inverno potrebbero scendere fino a - 20°C a Londra e -48°C a Oslo.

Le estati rimarrebbero solo leggermente più fresche, occasionalmente anche calde, quindi negli anni più estremi per gli europei il passaggio da una stagione all’altra sarebbe come andare «dal frigorifero alla friggitrice», come ha detto a Carbon Brief uno degli autori di questa ricerca.

Il collasso dell’Amoc

Sono i paradossi del cambiamento climatico, quando diverse soglie vengono superate per le stesse cause (principalmente i combustibili fossili), e gli effetti diventano contraddittori o addirittura opposti. La causa di questo scenario di improvviso raffreddamento sarebbe il collasso dell’Amoc, il sistema di correnti che regola la circolazione di acqua calda e fredda nell’oceano Atlantico, funzionando come una sorta di nastro trasportatore: porta le acque calde dei Tropici verso nord, cioè verso di noi, e l’acqua fredda dell’Artico verso sud.

L’Amoc (Atlantic Meridional Overturning Circulation) è diventato negli ultimi anni uno degli argomenti più discussi dai climatologi, perché lo scenario di un collasso appare ancora relativamente remoto (una ricerca pubblicata su Nature nel 2023 l’aveva posizionato tra il 2025 e il 2095) ma le sue conseguenze sarebbero totalmente disastrose.

Altri studi usciti negli ultimi mesi sono stati molto più prudenti sulla probabilità di questo scenario (ma non sulle conseguenze). Secondo tutti gli scienziati, un eventuale collasso dell’Amoc sarebbe comunque irreversibile. Quindi la prospettiva mette la politica globale di fronte al dilemma: come ci si confronta con un rischio ancora relativamente improbabile, ma enorme? Per ora la risposta è stata semplicemente ignorare le ricerche sull’Amoc, che non sono ancora mai uscite dal circuito di addetti ai lavori, scienziati, attivisti ed eco-ansiosi.

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Le conseguenze possibili

Il nuovo studio potrebbe cambiare il corso del dibattito sulla circolazione atlantica, perché si focalizza non sulla probabilità di questo scenario ma sui suoi effetti, usando i modelli per rispondere a una domanda complessa anche solo da concepire: se un riscaldamento globale causasse un evento che comporta un forte raffreddamento locale (il collasso riguarderebbe quasi soltanto l’Europa), quale effetto vincerebbe, il caldo o il freddo?

La risposta della ricerca, in sintesi, è stata «dipende». O meglio, «entrambi». Gli inverni sarebbero da era glaciale, sia per il collasso in sé della corrente che per l’aumento del ghiaccio marino, mentre le estati continuerebbero a essere simili a quelle attuali. Con sbalzi enormi da un mese all’altro.

La ricerca si focalizza su uno scenario considerato «intermedio» di aumento delle temperature medie globali di +2°C rispetto all’era pre-industriale, per valutare le interazioni tra i due fenomeni. Il Grande Caldo contro il Grande Freddo, sullo stesso pianeta, nello stesso continente (lo stesso che con Amoc in funzione è quello che si riscalda più velocemente al mondo, al doppio della media globale).

L’Europa meridionale sarebbe impattata meno da questi cambiamenti, che invece sarebbero drammatici per quella occidentale e quella settentrionale: Scandinavia, Regno Unito, Paesi Bassi, Belgio i paesi più colpiti.

A Londra le temperature medie invernali sarebbero di 1.9°C, i giorni sotto lo zero ogni anno sarebbero 17,6 e ogni dieci anni ci sarebbero inverni con temperature estreme fino a -20°C. A Oslo la media dell’inverno sarebbe -16.5°C, i giorni sotto zero d’inverno sarebbero 169 e gli estremi da una volta ogni dieci anni porterebbero la città a -47.9°C.

La Scandinavia, che oggi è uno dei territori più al riparo dal cambiamento climatico, diventerebbe all’improvviso uno dei più esposti. È il motivo per cui nel 2024 un gruppo di climatologi aveva spedito una lettera aperta al Nordic Council of Ministers, la principale organizzazione intergovernativa dei paesi nordici, per spingere i membri a farsi portatori di una rappresentanza politica del problema. Tra gli scienziati firmatari del documento c’erano padri della climatologia come Michael E. Mann e Johan Rockström, ma anche esperti del fenomeno Amoc come Stefan Rahmstorf del Potsdam Institute for Climate Impact Research. Risposte politiche? Nessuna.

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